L’isola disabitata, Venezia, Zatta, 1795

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Spiaggia marittima nel litorale dell’isola con navi in qualche distanza e varie felucchette vicine, dalle quali sbarcano
 
 ROBERTO, VALDIMONE, GARAMONE, PANICO, CAROLINA, artefici, marinari e soldati
 
 coro pieno
 
    Che bel piacere dal mare infido
 scender contenti sul caro lido!
 Goder la pace, la libertà.
 
 parte del coro
 
    L’aria che spira nel bel contorno
5qua ci promette lieto soggiorno,
 vita felice sperar ci fa.
 
 coro pieno
 
    La grand’impresa dal ciel scortata,
 nella bell’isola disabitata
 goder potremo felicità.
 
 parte del coro
 
10   Dolci sudori, dolce fatica,
 se con il tempo la terra amica
 i suoi tesori ci produrrà!
 
 coro pieno
 
    Che bel piacere dal mare infido
 scender contenti sul caro lido!
15Goder la pace, la libertà.
 
 Roberto
 Cari amici e compagni,
 eccoci giunti alfine,
 dopo lunghi perigli, al bel confine.
 Quest’isola, che a caso
20ho discoperta un giorno
 ancor disabitata,
 dal chinese signor ci fu accordata;
 ed io grande ammiraglio
 della flotta olandese
25la conquista ne fo pel mio paese.
 Valdimone
 Sì signore, il comando
 abbia la patria vostra
 ma nostro è il merto e la conquista è nostra.
 Lo sapete da voi, senza ch’io il dica,
30che merita il suo premio ogni fatica.
 Garamone
 Cento volte ho creduto
 in mar precipitare,
 i cavalli marini a pascolare;
 ed or che abbiam della paura il prezzo,
35di quest’isola anch’io ne voglio un pezzo.
 Panico
 Ed io, povero diavolo,
 che ho servito finor da servitore,
 vuo’ nell’isola anch’io far da signore.
 Carolina
 Lavorato ho abbastanza in vita mia;
40se il signor ammiraglio vi acconsente,
 vorrei vivere un po’ senza far niente.
 Giacinta
 Ed io, se vuol graziarmi,
 vorrei farmi la dote e maritarmi.
 Roberto
 Procurerò che ogniuno
45sia felice e contento.
 Sarò di tutti alla letizia intento.
 coro pieno
 
    Che bel piacere dal mar infido
 scender contenti sul caro lido!
 Goder la pace, la libertà. (Tutti partono)
 
 SCENA II
 
 Giardino delizioso.
 
 PANICO, CAROLINA e GIACINTA
 
 Panico
50Ragazzotte, su via, venite meco,
 vuo’ che troviamo un loco
 per divertirci un poco.
 S’ha da far collazione in compagnia,
 tra di noi s’ha da stare in allegria.
 Giacinta
55Senza di Garamone
 non vuo’ far collazione.
 Carolina
                                            Ed io per farla
 tutte le cose ho pronte
 ma non si ha da mangiar senza Valdimone.
 Panico
 L’una vuol Valdimone,
60l’altra vuol Garamone
 e il povero Panico è un bel minchione.
 Carolina
 Anzi il nostro Panico,
 amabile, giocondo,
 è il più vago e gentil che sia nel mondo.
65Non è vero Giacinta? (Burlandosi di lui)
 Giacinta
                                          Anch’io lo dico.
 Il più bello di tutti egli è Panico. (Burlandosi di lui)
 Panico
 Son bello, son grazioso;
 ma con tutte però le mie bellezze
 non mi volete mai far due carezze.
 Giacinta
70Sentite, Carolina?
 Il povero Panico
 vorria vedersi accarezzar da noi.
 Carolina
 Certo, ha ragione; principiate voi.
 Giacinta
 So anch’io la convenienza;
75a voi deggio lasciar la preminenza.
 Carolina
 Ho per voi tanta stima
 che lasciare vi voglio esser la prima.
 Giacinta
 No certo.
 Carolina
                    No sicuro.
 Giacinta
 Oh non lo farò mai.
 Carolina
80Tocca a lei. (Spingendolo verso Giacinta)
 Giacinta
                        Tocca a lei. (Spingendolo verso Carolina)
 Carolina
                                              Non voglio guai. (Respingendolo)
 Panico
 Troppe grazie, signore,
 alla di lor bontà sono obbligato.
 Mi hanno per cortesia mezzo stroppiato.
 Carolina
 Poverino! Mi dispiace.
 Giacinta
85Pena ancor io ne sento.
 Panico
 Due carezzine per medicamento.
 Carolina
 Son pronta.
 Giacinta
                         Eccomi qua.
 Carolina
 Come abbiamo da far?
 Giacinta
                                             Come si fa?
 Panico
 Datemi una manina. (A Giacinta)
 Giacinta
90Sì signor, domattina. (Ritirandosi)
 Panico
 Datemi voi le mani. (A Carolina)
 Carolina
 Certo, ve le darò dopodomani.
 Panico
 Corpo di satanasso!
 Voi volete di me prendervi spasso?
 Giacinta
95Il mio caro Panico,
 siete grazioso e bello;
 ma a dir la verità non siete quello.
 Carolina
 Siete bello e grazioso,
 il mio caro Panico,
100ma a dir il ver, non mi piacete un fico.
 Panico
 Donne senza giudizio,
 non conoscete il buono, a quel ch’io veggio.
 Vi volete attaccare al vostro peggio.
 
    Vi protesto che non c’è
105un altr’uomo come me.
 Qualchedun vi sposerà
 che il bastone adoprerà.
 
    Io son bonino,
 son tenerino,
110non so gridare,
 so ben trattare
 con le ragazze.
 Povere pazze!
 Non mi volete?
115Voi non direte
 sempre così.
 Vi pentirete,
 signore sì. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CAROLINA e GIACINTA
 
 Giacinta
 Anch’egli ha i grilli suoi.
120Si vorebbe il meschin metter con noi.
 Carolina
 Per dir la verità,
 che si metta con voi gran mal non è.
 Stupisco che si metta anche con me.
 Giacinta
 Con sua buona licenza,
125evvi da lei a me gran differenza?
 Carolina
 Mi par di sì.
 Giacinta
                          Davvero?
 Quali sono signora i pregi suoi?
 Carolina
 Io son più ricca e più civil di voi.
 Giacinta
 Ed io i natali miei
130e il mio stato con voi non cambierei.
 Carolina
 Di un marinar la figlia
 non potrà mai paragonar lo stato
 con la sorella di un signor soldato.
 Giacinta
 L’arte del marinaro è signorile.
 Carolina
135Il mestier del soldato è più civile.
 Giacinta
 E pur con tutto questo,
 povera signorina,
 destinata voi siete alla cucina.
 Carolina
 Un mestiere non è da vostra pari
140il lavar le camicie ai marinari.
 Giacinta
 Di far questa fatica avrò finito,
 quando avrò Garamon per mio marito.
 Carolina
 Quanto prima ancor io cangerò sorte,
 che Valdimon sarà di me consorte.
 Giacinta
145Non lo credo.
 Carolina
                           Il vedrete.
 Giacinta
                                                Alle sue nozze
 aspirare sapranno altre ragazze.
 Carolina
 Non perdo il tempo a taroccar con pazze. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 GIACINTA sola
 
 Giacinta
 Pazza a me? Se ti trovo,
 mai più te la perdono;
150voglio farti veder se pazza io sono.
 Sì, lo dico e il sostengo,
 son più civile assai.
 Ci rivedremo e me la pagherai.
 
    Son buona buona
155fino a quel segno
 ma se mi accendo,
 ma se mi sdegno,
 quella pettegola
 farò tremar.
 
160   La si vorrebbe
 metter con me?
 Eh mi fa ridere,
 povera semplice!
 Questo gran merito
165in lei non c’è.
 
    Se un’altra volta
 vuol provocarmi,
 saprò rifarmi,
 saprò parlar.
170Quella pettegola
 farò tremar. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Recinto di alberi che formano un boschetto con qualche vacuo nel mezzo.
 
 GIANGHIRA sola
 
 Gianghira
 Qual timor, qual speranza
 risvegliami nel petto
 degl’ignoti stranieri il nuovo aspetto?
175Ma, oh dio! di gente armata
 una truppa sen viene a questa volta;
 ahimè, mi trema il cuore;
 mi costrunge a celarmi il mio timore. (Si nasconde nel più folto degli alberi)
 
 SCENA VI
 
 GARAMONE con seguito di persone provedute di mannaie
 
 Garamone
 
    Presto, presto a lavorare;
180tutti abbiam da faticare;
 via tagliate, via spianate,
 cicche ciacche qua e là. (Gli uomini principiano a tagliar gli alberi)
 
    Faticate, lavorate;
 di tagliar non vi stancate;
185siate lesti, siate presti,
 cicche ciacche qua e là. (Gli uomini seguono a tagliare e s’internano nel bosco)
 
 In questo buon terreno,
 che è lontano dal mare,
 una casa per me vuo’ fabbricare.
190Io che ho la direzione
 de’ fabbri, muratori e legnaiuoli
 farrò dispor l’abitazion per tutti;
 ma insegna la natura
 che per sé, pria di tutto, ogniun procura.
 
 SCENA VII
 
 GIANGHIRA, condotta dagli operari suddetti, e GARAMONE
 
 Garamone
195Che cos’è quest’imbroglio?
 Una donna chinese han ritrovata?
 L’isola non è dunque inabitata.
 Gianghira
 Lasciatemi, indiscreti;
 conducetemi innanzi a chi comanda.
 Garamone
200Via, lasciatela stare.
 Presto andate, canaglia, a lavorare. (Gli operari partono)
 Gianghira
 (Stelle! Che sarà mai?)
 Garamone
                                             (Se in questi boschi
 nascon di queste piante,
 si dovrian popolare in un istante).
205Favorite, signora;
 siete voi di quest’isola?
 Gianghira
                                             Lontana
 vivo dal suol natio.
 Ramminga io sono e son straniera anch’io.
 Garamone
 Come qui vi trovate?
 Gianghira
210Pria che io vi narri il come,
 ditemi il grado vostro e il vostro nome.
 Garamone
 (Non le vuo’ dir chi sono,
 per tenermi un po’ più in riputazione).
 In quest’isola or sono il superiore,
215capitan comandante e direttore.
 Gianghira
 Ah son ben fortunata,
 se alle man di chi regge io capitai!
 Garamone
 (Questa donna davver mi piace assai).
 Gianghira
 Vi narrerò i miei casi.
 Garamone
220Tutto a me palesate,
 dite quel che vi occore e comandate.
 Gianghira
 Signore, il mio paese
 è Kamenitzkatà, patria chinese.
 Garamone
 Come? Come? (Che diavol di città?)
225Come si chiama?
 Gianghira
                                   Kamenitzkatà.
 Garamone
 Non ho sentito una città più strana.
 Voi siete dunque kamenitzkatana?
 Il nome è alquanto brutto;
 ma se tutte son belle come voi,
230per meglio consolarmi,
 vorrei anch’io kakamenitzkatarmi.
 Gianghira
 Poco voi mi badate.
 Garamone
 Quel che colà mirate
 venire a noi bel bello
235in mar per la paura
 ha perduto il cervello.
 Essere si figura un signorone,
 per delirio talor comanda e impone.
 Gianghira
 Povero sventurato!
240In sì tenera età?
 Benché afflitta son io, mi fa pietà.
 Garamone
 Tiratevi in disparte,
 bella chinese mia,
 ch’ei non faccia con voi qualche pazzia.
 
 SCENA VIII
 
 ROBERTO e detti in disparte
 
 Roberto
 
245   Care selve deliziose,
 le bellezze in voi nascose
 vien quest’alma a rintracciar.
 
    Par che dica l’ombra amica:
 «Vieni in pace a riposar».
 
 Garamone
250Sentite il delirante?
 Va parlando con l’ombre e con le piante.
 Andiamo in altra parte
 e narratemi tutto a parte a parte. (A Gianghira)
 Roberto
 (E chi è colei vestita
255in abito chinese?) Garamone. (Chiamandolo)
 Garamone
 Aspettate; son a voi. (A Gianghira) Che comandate? (A Roberto)
 Roberto
 Quella donna è straniera?
 Garamone
                                                  Oh non signore,
 sulle navi con noi venuta è anch’ella;
 ma la povera donna è pazzarella.
260Trovato ha quel vestito
 da un marinar chinese
 e le par d’esser nata in quel paese.
 Roberto
 Povera giovinetta!
 Degno di compassione è il suo difetto.
 Gianghira
265(Peccato ch’ei non abbia il suo intelletto!)
 Roberto
 Accostatevi un poco.
 Gianghira
                                        (Non ardisco).
 Garamone
 (Egli mena le man, ve l’avvertisco). (Piano a Gianghira)
 Roberto
 Via, sfogatevi meco.
 Se a consolarvi io vaglio,
270lo sapete ch’io son grande ammiraglio.
 Garamone
 (Vi par poco impazzito?
 Egli non sa chi siate
 e pretende che voi lo conosciate). (Piano a Gianghira)
 Gianghira
 (Grande infelicità!)
 Roberto
                                       Dite. (A Garamone)
 Garamone
                                                   Signore.
 Roberto
275Si sa perché è impazzita?
 Garamone
 Credo che qualchedun l’abbia tradita.
 Anzi per vostra regola
 disse nel rimirarvi
 che le venne il prurito di ammazzarvi.
 Roberto
280Fate che immantinente
 la giovine furente
 sia custodita bene.
 Itene a ritrovar ceppi e catene.
 Garamone
 Subito, sì signore.
 Gianghira
                                    Ehi, cosa dice? (A Garamone)
 Garamone
285Egli contro di voi
 la testa ha riscaldata
 e vorebbe vedervi incatenata.
 Presto, venite meco). (Piano a Gianghira)
 Roberto
                                          Amico, udite.
 La giovine qui resti, indi tornate
290a custodirla con persone armate. (A Garamone)
 Garamone
 Badate che il delirio non la prenda. (A Roberto)
 (Non vorrei si scoprisse la faccenda). (Da sé)
 
    Voi che ammirate (A Roberto)
 quegli occhi languidi,
295padron mio caro,
 non vi fidate.
 Sol che parlare
 voi le vorrete,
 con le sue mani,
300a me credete,
 vi fatà in brani
 senza pietà.
 
    È pazzo affatto (A Gianghira)
 quel poverello,
305il meschinello
 cervel non ha.
 
    Sì sì fuggite (A Roberto)
 la sua favella,
 già vi corbella,
310già ve la fa.
 
    Quella sirena,
 se vi dà pena,
 fate che vada
 lontan di qua. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 ROBERTO e GIANGHIRA
 
 Roberto
315(Benché fosse eccedente il suo furore,
 in un uomo viltà sarà il timore).
 Gianghira
 (Eppur voglio arrischiarmi.
 Se furente sarà, saprò sottrarmi).
 Roberto
 Giovine sventurata,
320narratemi chi siete.
 Meco parlare e confidar potete.
 Gianghira
 Nacqui in patria chinese,
 il mio nome è Gianghira.
 Roberto
 (Della China parlando, ella delira).
 
 SCENA X
 
 VALDIMONE con seguito
 
 Valdimone
325Signor, non è dovere
 che per l’isola solo errando andiate;
 queste guardie per voi son destinate. (A Roberto)
 E voi non lo dovete abbandonare. (Alle guardie)
 Gianghira
 (Misero, lo vorranno incatenare).
 Roberto
330Valdimone, a voi consegno
 questa donna gentil; sia custodita,
 sia da ogniun rispettata e sia servita.
 Valdimone
 (E chi è colei di sì vezzoso aspetto?) (Piano a Roberto)
 Roberto
 (È una giovin che perso ha l’intelletto). (Piano a Valdimone)
 Valdimone
335(Povera disgraziata!
 Prego il ciel di cuor sia risanata).
 Roberto
 Donna, qualunque siate,
 voi pietà meritate.
 Provo per voi tormento
340e ai casi vostri intenerir mi sento. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 GIANGHIRA, VALDIMONE e guardie
 
 Gianghira
 Ditemi in cortesia,
 da che nacque di lui la frenesia?
 Valdimone
 Giovin bella e compita,
 è egli vero che voi siete impazzita?
 Gianghira
345Io? Per grazia del cielo
 lucido ho l’intelletto.
 Valdimone
 Quello che ora partì così mi ha detto.
 Gianghira
 Non è stolto il meschin?
 Valdimone
                                              Stolto Roberto?
 Stolto il nostro ammiraglio?
 Gianghira
                                                     Oimè! Che sento?
350Son tradita; creder mi han fatto,
 perfidi, ch’egli fosse un mentecatto.
 Valdimone
 Egli crede di voi la stessa cosa;
 onde senza che fate altri lunari,
 in tal supposizion siete del pari.
 Gianghira
355Rintracciarlo vogl’io...
 Valdimone
                                          Restate un poco;
 lo potrete vedere in altro loco.
 (Mi piace ma non so chi diavol sia).
 Dite, signora mia,
 quel vestito mi sembra alla chinese;
360come qui siete in forestier paese?
 Gianghira
 Ad altri che a Roberto
 non consento parlare, io lo protesto.
 Dissi il principio e vuo’ narrargli il resto.
 Valdimone
 S’egli è il nostro ammiraglio,
365io non sono un baggiano;
 sono vicegerente e capitano.
 Gianghira
 Non cerco quel che siate.
 Valdimone
 Confidatevi in me.
 Gianghira
                                     Non lo sperate.
 Valdimone
 Cospetto! Un simil torto
370da un’incognita donna io non sopporto;
 e se in vostro favor posso impegnarmi,
 anche il modo averò di vendicarmi.
 Gianghira
 Che vi feci, signor?
 Valdimone
                                      Dite chi siete.
 Gianghira
 Siate meno indiscreto e lo saprete.
375Povera sventurata,
 da tutti abbandonata,
 che in paese stranier chiede pietà,
 insultar, minacciare, è crudeltà.
 
    Ora al monte ed ora al fonte,
380dispiegando il mio tormento,
 cruda belva dalla selva
 non mi venne ad insultar.
 
 SCENA XII
 
 VALDIMONE solo
 
 Valdimone
 Povera donna! Infatti
 siamo noi con le donne mezzi matti.
385Subito che si vede
 un volto che non sia d’amore indegno,
 l’uomo subito forma il suo disegno;
 e tante volte e tante,
 brutta o bella che sia, talun si attrova
390che non cerca di più se è cosa nuova.
 
    A chi piace un bel labbro ridente;
 a chi piace severa beltà;
 chi vorebbe la donna languente;
 chi furbetta cercando la va.
 
395   A me piaccion le femmine tutte,
 non mi preme sian belle, sian brutte;
 quel che al core piacere mi dà
 è in amore la mia libertà. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Giardino delizioso.
 
 CAROLINA e PANICO
 
 Panico
 Carolina, ho veduto
400io stesso con questi occhi
 il vostro Valdimone, il vostro amante,
 con un’altra beltà far il galante.
 Carolina
 Possibil che sia vero?
 Panico
 Certo, signora sì.
 Carolina
405Uomini senza fé, tutti così.
 Panico
 Tutti non son compagni. Io per esempio,
 se una donna ha per me della bontà,
 non mi posso scordar la fedeltà.
 Carolina
 Valdimon disgraziato!
410Perfido, scellerato!
 Ah non so chi mi tenga
 ch’io non sfoghi con voi l’ira e lo sdegno.
 Panico
 Con me?
 Carolina
                    Con voi vuo’ adoperare un legno.
 Panico
 Io che colpa ne ho?
 Carolina
                                      Se tutti siete
415di una razza maligna e menzognera,
 pur che il reo non si salvi il giusto pera.
 Panico
 Ecco qui Valdimone.
 Carolina
 Venga pur, ch’io l’aspetto.
 Panico
 Pregovi non gli dir quel che vi ho detto.
 Carolina
420Perché?
 Panico
                  Perché ho paura.
 Se gli dite qualcosa io me ne vo.
 Carolina
 Via, per farvi piacer non parlerò.
 
 SCENA XIV
 
 VALDIMONE e detti
 
 Valdimone
 Eccomi a voi tornato.
 Carolina
 Vada, signor, dove finora è stato.
 Valdimone
425Perché siete sdegnata?
 Carolina
 Lo so che ha ritrovata
 una di me più bella.
 Si vada pur a divertir con quella.
 Valdimone
 Panico!
 Panico
                 Non so niente.
 Valdimone
430Cosa mai vi sognate? (A Carolina)
 Carolina
 Lo so che m’ingannate,
 che d’un’altra beltà voi siete amico.
 Valdimone
 Chi ve l’ha detto?
 Carolina
                                   Eccolo qui. Panico.
 Panico
 Non so niente.
 Valdimone
                              È un bugiardo.
 Panico
                                                            Sì signore.
 Valdimone
435Voglio cavargli il cuore.
 Panico
                                             Aiuto, aiuto.
 Carolina
 Via, lasciatelo stare. (Difende Panico)
 Valdimone
 Aspetta pur, t’insegnerò a parlare.
 Carolina
 Se con lui vi sdegnate
 perché il vero mi han detto i labbri suoi,
440ditemi, che dovrei far io con voi?
 Valdimone
 A torto mi accusate.
 È ver, con una donna
 ho parlato, non dico una bugia,
 ma non so chi ella sia:
445e se fosse ben anche una regina,
 non fa torto il mio cuore a Carolina.
 Carolina
 Eh bugiardo, lo vedo,
 mi vorreste ingannar ma non vi credo.
 
    Povere donne, che s’ha da far?
450Tutti non cercano che d’ingannar.
 Siam le vezzose, siamo le belle,
 siamo le care nei primi dì
 e poi ci trattano tutti così.
 
    Uomini ingrati, senza pietà.
455Che tradimento! Che crudeltà!
 Più non vi voglio, più non m’imbroglio;
 la cara pace solo mi piace,
 perfidi mostri d’infedeltà. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 VALDIMONE e PANICCO, poi GIACINTA
 
 Valdimone
 Mi maltrata così per tua cagione;
460ti vuo’ trarre il cervel con un bastone.
 Panico
 Aiuto, per pietà.
 Giacinta
                                 Che cosa è stato?
 Valdimone
 Lasciatemi punir quel disgraziato.
 Panico
 A voi mi raccomando. (A Giacinta)
 Giacinta
 La sua vita per grazia io vi domando.
 Valdimone
465Hai ragion, che con donne
 non soglio esser scortese.
 Panico
 Grazie della finezza.
 Giacinta
                                        E in che vi offese?
 Valdimone
 Ha detto a Carolina
 che con altra mi vide in compagnia.
 Panico
470Non ho detto per questo una bugia.
 Valdimone
 Perfido! (Minacciandolo)
 Panico
                    Difendetemi. (A Giacinta)
 Giacinta
 Via, lasciatelo stare. (Difende Panico)
 Panico
 Anche a voi qualche cosa ho da narrare. (A Giacinta)
 Giacinta
 Che sì che Garamone
475fatto ha anch’egli lo stesso?
 Panico
 L’avete indovinata.
 Giacinta
 Altri ancora di ciò mi hanno avvisata.
 Valdimone
 Non credete alla gente menzognera.
 Giacinta
 Siete tutti bricconi a una maniera.
 
 SCENA XVI
 
 GARAMONE e detti e CAROLINA
 
 Garamone
480Cara mia Carolina,
 vi ricerco per tutto e non vi trovo,
 vi è qualcosa di nuovo?
 Parmi veder quel ciglio rabbuffato.
 Carolina
 Pezzi di disgraziati!
485A me di questi torti?
 Garamone
 Io non so niente.
 Carolina
                                  Il diavol che vi porti.
 
    Mi consolo con voi, mio signore,
 dell’acquisto di nuova beltà;
 ma vendetta vuo’ far di quel core,
490ma mi voglio sfogar come va.
 
 Garamone
 
    Non intendo che cosa mi dica;
 incantato restare mi fa.
 Questa cosa davvero m’intrica;
 chi sa dirmi colei che cos’ha?
 
 Valdimone
 
495   Tutti due quel bugiardo ci accusa
 con le belle di rea fedeltà.
 
 Panico
 
    Miei signori vi prego di scusa;
 quel che ho detto da tutti si sa.
 
 Valdimone, Garamone a due
 
    Scellerato, disgraziato,
500la mia man ti punirà.
 
 Panico
 
 Carolina, per pietà.
 
 Carolina
 
    Non bravate, nol toccate,
 niun di voi l’offenderà.
 
 Garamone
 
    Hai ragione.
 
 Valdimone
 
                             Ci vedremo.
 
 a due
 
505Sempre lei non ci sarà.
 
 Panico
 
 Carolina, per pietà.
 
 Giacinta
 
    Quest’è il mio caro,
 quest’è il mio bello
 e questo è quello (Mostra di accarezzare Panico)
510ch’io voglio amar.
 
 Panico
 
    E voi morite,
 se ci patite. (A Garamone)
 
 Valdimone
 
 Voi lo soffrite? (A Garamone)
 
 Garamone
 
 Lo vuo’ scannar. (Contro Panico)
 
 Giacinta
 
515   Nessuno ardisca
 toccar Panico,
 mio caro amico, (Mostrando di accarezzare Panico)
 mio dolce amor.
 
 Panico
 
    E voi crepate,
520se vi lagnate. (A Valdimone)
 
 Garamone
 
 Lo sopportate? (A Valdimone)
 
 Valdimone
 
 Ti cavo il cor. (Contro Panico)
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    Non minacciate,
 non lo toccate,
525caro Panico,
 mio dolce amor!
 
 Giacinta
 
    Voi non c’entrate.
 Questo è per me. (A Carolina)
 
 Carolina
 
    Voi la sbagliate,
530così non è.
 
 Giacinta
 
    Pel suo gran merito
 non è bastante.
 
 Carolina
 
 Dal grado nobile
 è assai distante.
 
 Valdimone, Garamone a due
 
535Fra lor si attaccano
 per nobiltà.
 
 Panico
 
    Vorrei dividermi
 di qua e di là.
 
 Giacinta
 
    Venite meco. (Lo tira a sé)
 
 Carolina
 
540Venite qua. (Lo tira a sé)
 
 Panico
 
    Piano, vi supplico
 per carità.
 
 Carolina
 
    Quest’anellino
 vi vuo’ donare.
 
 Valdimone
 
545Di un mio regalo
 si fa così?
 
 Giacinta
 
    Questo spillone
 vi voglio dare.
 
 Garamone
 
 È un mio presente,
550datelo qui.
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    Sì, ve lo dico,
 tutto a Panico
 voglio donar.
 
 Garamone, Valdimone a due
 
    Quel disgraziato,
555quel scellerato
 voglio ammazzar. (Con le spade)
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    Pria che ferire il petto
 del dolce mio diletto,
 mi passerete il cor.
 
 Valdimone, Garamone a due
 
560Basta, v’adoro ancor.
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    Perfidi, barbari,
 senza pietà.
 
 Panico
 
    Ah difendetemi
 per carità.
 
 Carolina, Giacinta a due
 
565   No non temete,
 meco verrete
 senza timor.
 
 Panico
 
    Sì che nel seno
 giubbila il cor.
 
 Valdimone, Garamone a due
 
570   Sì che son pieno
 d’ira e furor.
 
 Fine dell’atto primo